di Emiliano Zanotti
L’opera al nero di The Great Saunites è un disco in tre
atti che prosegue la cavalcata del duo lodigiano alla ricerca
dell’hard-groove perfetto lavorando su un suono scarno ma bastante a sé
stesso che non accetterebbe nessun altra aggiunta se non quella di
un’elettronica che di tanto in tanto fa capolino a colorire le
atmosfere. Sarà la suggestione della bella copertina (opera di Stefano Gerardi), ma i primi due minuti di Nero,
brano che apre il disco e lo battezza, suggeriscono una discesa negli
abissi dove, raggiunto un punto sufficientemente profondo, i due
musicisti cominciano a macinare, nel loro ormai consolidato stile, giri
di basso e batteria sempre in equilibrio fra ipnosi ed apnea: si
scandaglia il fondo alla ricerca di deserti sottomarini con un suono
che richiama tanto le desert session quanto i Pink Floyd pompeiani in versione da dopo bomba. Al confronto i nove minuti di Lusitania (con addirittura una melodia che si fa strada fra basso e percussioni) sono rilassanti, ma subito Il Quarto Occhio
rinserra i ritmi e chiude i giochi con un crescendo che monta come uno
tsunami dopo un teso passaggio centrale a base di noise analogico.
Proprio il peso che l’elettronica ha in Nero rappresenta un
elemento di notevole interesse per lo sviluppo del futuro suono della
band, permettendo, mi pare di intuire, di evolverlo secondo le linee
guida di una psichedelia dai tratti space e tribali: l’hard-groove
perfetto non è ancora stato trovato, la ricerca (per fortuna) continua.
http://www.sodapop.it/phnx/great-saunites-nero-hysmneon-paralleliil-verso-del-cinghialehypershape-2016/
Informazioni personali
lunedì 29 agosto 2016
martedì 16 agosto 2016
Recensione NERO su METALITALIA.COM
di Davide Romagnoli
Quarto album per il duo avant-rock lodigiano The Great Saunites: ossessiva ripetitività tribale, divagazioni spaziali, ipnosi mistiche da pattern ritmici e panneggi sonori fluttuanti. Per chi li segue già da qualche anno sicuramente questo “Nero” non sarà nulla di particolarmente estroverso rispetto, ad esempio, al primo omonimo “TGS” del 2010. La title track introduttiva è una cavalcata di basso, noise e tamburi di una ventina di minuti che sembra uscita da un pellegrinaggio stile Om, ma densa di ri-suoni industriali ed ossessivi, caustici ed oppressivi, che rimandano ad un clima tetro, buio e oscuro come la magia più pericolosa da cui sembra attingere lo spirito per l’intero lavoro. L’ultima sezione del pezzo, infatti, sembra ricapitolare alcuni immaginari di un certo filone cyberpunk particolarmente industrial e kraut con cui sembra che Atros e Leonard abbiano sempre fatto vibrare le loro corde emotive. Quasi naturale sembra infatti essere il conseguente rimando al precedente lavoro di collaborazione con Attilio Novellino chiamato “Radicalisme Mécanique” di due anni fa, nel quale la jam neubauteniana aveva preso il sopravvento sulle precedenti sonorità più southern e funamboliche del duo (come era stato nel precedente “The Ivy” del 2013). Altrettanto naturale sembra essere una maturazione compositiva di arrangiamenti e sonorità, che amplia lo spettro sonoro di quanto presentato dalla band in una maniera che sicuramente determina un effetto finale più intrigante e favorisce un’immersione ancora più profonda nelle viscere di queste magmatiche profondità scandite da “Nero”. “Lusitania” è infatti un cardine portante di questo effetto ampliato di possibilità che emergono dal nuovo lavoro dei The Great Saunites, riprendendo infatti i canonici andanti del basso di Atros à la Om portandoli però in territori nuovi per i lodigiani, e pur sempre ricchi di fascino. Con “Il Quarto Occhio”, la più corta del trio di pezzi di “Nero”, circa sette minuti, ritroviamo un brano più accattivante e movimentato, come quelli di “The Ivy”, che però mantiene ferrea la volontà di essere narrativo e suggerire ancora una volta un immaginario che lo posiziona infatti opportunamente come chiusa di un percorso introspettivo oscuro e meditabondo, tra edifici distrutti e mura che crollano verso abissi profondi e metropolitani.
http://metalitalia.com/album/the-great-saunites-nero/
Quarto album per il duo avant-rock lodigiano The Great Saunites: ossessiva ripetitività tribale, divagazioni spaziali, ipnosi mistiche da pattern ritmici e panneggi sonori fluttuanti. Per chi li segue già da qualche anno sicuramente questo “Nero” non sarà nulla di particolarmente estroverso rispetto, ad esempio, al primo omonimo “TGS” del 2010. La title track introduttiva è una cavalcata di basso, noise e tamburi di una ventina di minuti che sembra uscita da un pellegrinaggio stile Om, ma densa di ri-suoni industriali ed ossessivi, caustici ed oppressivi, che rimandano ad un clima tetro, buio e oscuro come la magia più pericolosa da cui sembra attingere lo spirito per l’intero lavoro. L’ultima sezione del pezzo, infatti, sembra ricapitolare alcuni immaginari di un certo filone cyberpunk particolarmente industrial e kraut con cui sembra che Atros e Leonard abbiano sempre fatto vibrare le loro corde emotive. Quasi naturale sembra infatti essere il conseguente rimando al precedente lavoro di collaborazione con Attilio Novellino chiamato “Radicalisme Mécanique” di due anni fa, nel quale la jam neubauteniana aveva preso il sopravvento sulle precedenti sonorità più southern e funamboliche del duo (come era stato nel precedente “The Ivy” del 2013). Altrettanto naturale sembra essere una maturazione compositiva di arrangiamenti e sonorità, che amplia lo spettro sonoro di quanto presentato dalla band in una maniera che sicuramente determina un effetto finale più intrigante e favorisce un’immersione ancora più profonda nelle viscere di queste magmatiche profondità scandite da “Nero”. “Lusitania” è infatti un cardine portante di questo effetto ampliato di possibilità che emergono dal nuovo lavoro dei The Great Saunites, riprendendo infatti i canonici andanti del basso di Atros à la Om portandoli però in territori nuovi per i lodigiani, e pur sempre ricchi di fascino. Con “Il Quarto Occhio”, la più corta del trio di pezzi di “Nero”, circa sette minuti, ritroviamo un brano più accattivante e movimentato, come quelli di “The Ivy”, che però mantiene ferrea la volontà di essere narrativo e suggerire ancora una volta un immaginario che lo posiziona infatti opportunamente come chiusa di un percorso introspettivo oscuro e meditabondo, tra edifici distrutti e mura che crollano verso abissi profondi e metropolitani.
http://metalitalia.com/album/the-great-saunites-nero/
lunedì 8 agosto 2016
Recensione NERO su ROCKAMBULA
Più meditato dei suoi predecessori, Nero,
suite di 35 minuti divisa in tre parti, conferma l’ossessione dei
lodigiani per il tribalismo e per la circolarità del suono, andando però
a perdere un po’ troppo in fisicità, soprattutto lungo i 19 minuti
dell’iniziale title-track. Funzionano meglio i due successivi movimenti
(“Lusitania” e “Il Quarto Occhio”) ma ci si trova in definitiva di
fronte ad un lavoro che ad ascolto concluso non ci lascia dentro grandi
tracce di sé, risultando meno scuro e misterioso di quanto probabilmente
si sarebbe voluto. Insomma, un piccolo passo indietro per due musicisti
che comunque non si discutono.
http://www.rockambula.com/fast-listening-luglio-2016/
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