di Emiliano Zanotti
L’opera al nero di The Great Saunites è un disco in tre
atti che prosegue la cavalcata del duo lodigiano alla ricerca
dell’hard-groove perfetto lavorando su un suono scarno ma bastante a sé
stesso che non accetterebbe nessun altra aggiunta se non quella di
un’elettronica che di tanto in tanto fa capolino a colorire le
atmosfere. Sarà la suggestione della bella copertina (opera di Stefano Gerardi), ma i primi due minuti di Nero,
brano che apre il disco e lo battezza, suggeriscono una discesa negli
abissi dove, raggiunto un punto sufficientemente profondo, i due
musicisti cominciano a macinare, nel loro ormai consolidato stile, giri
di basso e batteria sempre in equilibrio fra ipnosi ed apnea: si
scandaglia il fondo alla ricerca di deserti sottomarini con un suono
che richiama tanto le desert session quanto i Pink Floyd pompeiani in versione da dopo bomba. Al confronto i nove minuti di Lusitania (con addirittura una melodia che si fa strada fra basso e percussioni) sono rilassanti, ma subito Il Quarto Occhio
rinserra i ritmi e chiude i giochi con un crescendo che monta come uno
tsunami dopo un teso passaggio centrale a base di noise analogico.
Proprio il peso che l’elettronica ha in Nero rappresenta un
elemento di notevole interesse per lo sviluppo del futuro suono della
band, permettendo, mi pare di intuire, di evolverlo secondo le linee
guida di una psichedelia dai tratti space e tribali: l’hard-groove
perfetto non è ancora stato trovato, la ricerca (per fortuna) continua.
http://www.sodapop.it/phnx/great-saunites-nero-hysmneon-paralleliil-verso-del-cinghialehypershape-2016/
Nessun commento:
Posta un commento