sabato 30 giugno 2018

7 Luglio TGS live al FIELD FEST, Jesi (AN)

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sabato 9 giugno 2018

BROWN su BLOW UP #241

 di Antonio Ciarletta



Recensione BROWN su ONDAROCK

di Michele Saran


Il duo lodigiano dei Great Saunites chiude la “chromatic trilogy” con “Brown”, successore degli interlocutori “Nero” (2016) e “Green” (2016). Si distacca da ambedue, però, quanto a superiore livello di ricerca e respiro sperimentale. Prevale perciò, e abbastanza nettamente, l’anima elettronica a discapito delle maratone bandistiche.

Due le aggiunte al loro canone maggiore. “Brown” (quattordici minuti) si apre su bordoni zen insieme monumentali e spettrali, da cui peraltro il complesso distacca una sorta di spin-off nella reprise (un suo interessante distillato elettroacustico), diramandosi poi in frasi difettose di batteria e basso distorto, cui si aggiungono dettagli sconnessi (nastri di voci), infine riprendendo la loro maestria nelle trance ipnotiche, l’altro lato della medaglia, lo yang della sarabanda. I Great Saunites hanno tratto stilemi dai primi Clock Dva più dadaisti e dalle costruzioni caotiche-algebriche dei This Heat. “Ago” (otto minuti), il numero più avanguardista del loro ultimo corso, allo stesso modo è una sonata dissonante di jazz da camera per fraseggi liberi di pianoforte registrato e rumori concreti-industriali, in un crescendo subliminale.

Disco afferente soprattutto ad Angelo Bignamini, non solo per la sua batteria duttile e intelligente, ma anche per il suo statuto di scultore elettroacustico maturato anche nella sigla Filtro. Comunque ottima, forse la migliore di sempre, l’integrazione col basso del compagno Marcello Groppi. Disco percorso da fragori digitali e manipolazioni che lo rendono disgiunto, astratto e intrigante, degno del fronte nobile del rock italiano. Ma parte è rimasta acerba: “Respect The Music”, per via della registrazione messa in loop (campagna radio contro la pirateria web della prim'ora), diventa quasi inascoltabile e un’altra trance - pur forte d’una buona figura in ostinato ribattuto -, “Controfase”, suona corrivamente revivalistica. Ben prodotto da Luca Ciffo (anche in un cameo alla chitarra).


http://www.ondarock.it/recensioni/2018-greatsaunites-brown.htm

martedì 5 giugno 2018

BROWN recensito da POSTROCK.IT

 

Il gruppo ci propone un album denso, saturo di sonorità scure e psichedeliche, dal sapore Pink Floydiano, ma con qualcosa di più. Non ci sono schemi, non ci sono linee ben definite, ma tutto sembra amalgamarsi. Ritmiche e suoni talvolta martellanti, talvolta sottili e pacati, ci accompagnano per tutta la durata dell’album.

La prima traccia “Brown” da il nome all’intero lavoro, e ci propone una intro estremamente ansiogena, con sonorità quasi da American Horror Story, e che nell’insieme creano quel gusto psichedelico che sembra piacere alla band. Si avverte compattezza, si sente che il lavoro è nato con passione dalla mente di Atros(bassi) e Leonard Layola(tamburi). Ci sono voci liriche, suoni che provengono da tempi e luoghi dimenticati: il tutto si unisce e ci trasporta fino alla fine del brano.

Passiamo così al secondo brano, “Respect the Music”, un brano che non modifica l’andamento ossessivo dell’intero album, anzi lo rafforza e crea un tappeto sonoro destinato a riempire l’ambiente dell’ascoltatore. il basso incalza la ritmica con un suono pulito e caldo, mentre una voce recita la frase “Respect the music” ripetutamente. Una chitarra acida entra in scena aumentando l’aria densa di inquietudine e ossessione. Ago, terza in scaletta, si apre invece con un piano digitale e scarno, che suona solitario in un pattern formato da synth e rumori indefiniti. Difficile comprendere quello che sta succedendo, ma il piano continua la sua incessante armonia e noi la seguiamo lasciandoci trasportare.

 L’ossessività prosegue anche in questo terzo brano, anche se molla un pò la sua morsa all’inizio, per poi perdersi in sonorità che sembrano essere casuali, forse improvvisate. Il brano prosegue fino alla fine senza sconvolgere il ritmo, senza cambiamenti, con una apparente casualità di sonorità e percussioni.

Con il quarto brano, “Controfase” ci aspettiamo un cambiamento dal nome, che infatti arriva. Finalmente un suono armonico e caldo, che ci accoglie riposandoci le orecchie dopo il brano precedente. Il basso torna a suonare instancabile, alcuni suoni elettronici si stagliano nell’ambiente circolare che continua fino alla fine del brano.

 L’ultimo brano, Brown (reprise) riprende come promette il titolo e conclude quello che ha cominciato, portandosi avanti nella tematica del primo brano d’apertura.

Il livello di questo album è sicuramente buono, estremamente sperimentale anche se a volte un pò troppo caotico. La band punta sull’ossessività, e riesce certamente nel suo intento, anche se in alcuni momenti, come ad esempio durante Ago, ci sentiamo di doverci chiedere: “il caos è musica?”. Sulla linea di questa domanda i TGS ci hanno dato un buono spunto di riflessione.

Sicuramente una buona premessa per un salto di qualità che attendiamo per il prossimo album, che siamo certi non tarderà ad arrivare.

http://www.postrock.it/it_IT/2018/06/02/the-great-saunites-brown/