mercoledì 22 febbraio 2017

Recensione GREEN su ROCKAMBULA WEBZINE

di Maria Pia Diodati

La trilogia inaugurata con Nero è già al secondo capitolo. Questa volta il protagonista è il colore di una straniante suite divisa in due parti di oltre venti minuti ciascuna, una palette che dipinge opprimenti scenari Sci Fi e che del verde contempla solo i toni più umbratili e spettrali. Distorsioni e batteria cadenzata in “Dhaneb” dilatano le suggestioni lisergiche e fanno appello a più sfere sensoriali, tra stilemi Doom e Stoner adulterati che si fanno ipnotici e sensuali. Ancor più densa è la materia di “Antares”, dove l’ossessività delle percussioni incalzanti si fa tribale e il tappeto di bassi si arricchisce di lucidi synth retrofuturistici in esiti apocalittici. Aspettiamo l’ultimo atto per dirlo ad alta voce ma tutto lascia pensare che il cerchio si chiuderà egregiamente.

http://www.rockambula.com/fast-listening-recensioni-brevi-per-ascolti-intensi-02-2017/ 

martedì 21 febbraio 2017

GREEN recensito su PSYCANPROG.COM

di Simone Felici

I lodigiani The Great Saunites sono Atros (basso) e Layola (batteria, chitarre e tastiere) e questo “Green” (Hypershape, Toten Schwan, 2016) è la seconda pala di un trittico iniziato lo stesso anno con Nero. Le influenze del duo, il modo di concepire la musica come psichedelica, possono essere ravvisate sin dai loro primi lavori: “Delay Jesus ’68” è infatti un chiaro riferimento alla prima formazione dei Can (ma con matrice decisamente stoner); influenza che torna anche nel The Ivy del 2013 insieme a richiami pinkfloydiani (nel titolo Bottles & Ornaments vs Apples And Oranges quanto nelle dilatazioni) e, in particolar modo, un vero e proprio approccio alla tecnica bassistica di Al Cisneros (esempio lampante Il Quarto Occhio di Nero, ma in realtà sparso in tutti gli album).

 Green è costituito da due sole e lunghissime tracce. Dhaneb è divisa in tre parti: un riff stile Sleep (fuzz ovviamente protagonista) nella prima con voci di un aiuto esterno (Mike B.), memori del cantato di Dave Brock, e chitarre e tastiere per una sola anti-melodia sovraincise da Layola, una dilatatissima e ripetitivissima seconda sezione che lascia uno spazio risicato alla terza ancora di marca Sleep. Antares si apre poi con le stesse atmosfere con cui Dhaneb si è chiusa, ma l’attacco è supersonico e continua per oltre dodici minuti riallacciandosi a quel tipo di psichedelia delle jam cosmiche dei primissimi Ash Ra Tempel ma senza focalizzarsi sull’assolo, che a quanto sembra non va più di moda; se non altro allora hanno bene intuito la necessità odierna di focalizzarsi sulle frequenze basse. Inizia poi un altro viaggio monoaccordo e sfiancante. Il modo psichedelico dei Saunites è quindi orientato sui binari della ripetizione ossessiva e martellante, lasciando il piacere a musicisti e ascoltatori (e spettatori) di perdersi nel magma sonoro che i due fanno colare dal pentolone. Non a caso gli stessi descrivono Green come “il disco di matrice più rock all’interno della [loro] discografia”.

https://www.psycanprog.com/albums/the-great-saunites-2016-green/

giovedì 9 febbraio 2017

Intervista TGS su PSYCANPROG.COM


di Raffaele Astore

Provenienti dalla provincia lombarda, precisamente da Lodi, i Great Saunites sono un duo composto da Atros e Leonard Layola. Formatisi nel 2008, il duo intraprende sin da subito un percorso stilistico che li porteranno a spaziare tra il kraut tedesco anni ‘70, l’hard-space rock di estrazione hawkwindiana e le atmosfera dark rock alla Black Sabbath. Li abbiamo contattati e inserendoci tra un impegno e l’altro, ne è nata questa piacevole intervista.


Raffaele Astore: Ciao ragazzi. Prima di tutto grazie per aver trovato un po’ di tempo da dedicarci; poi visto che il ghiaccio è ormai rotto, parliamo un po’ di voi. La storia dei Great Saunites inizia nel 2008 da allora all’ultima produzione cosa è cambiato?

 TGS: Ciao a te e grazie anzitutto per averci dedicato questo spazio. TGS è un progetto attivo ormai da diversi anni; si potrebbe semplicisticamente affermare che da quando ci siamo formati ad oggi è cambiato un pò tutto e un pò niente. Sicuramente abbiamo sviluppato un suono che sentiamo più nostro rispetto agli inizi ma l’attitudine resta sempre quella di cercare di proporre musica senza particolari schemi o modelli , cercando di fare qualcosa che possa piacere in primis a noi come appassionati che suonano sostanzialmente per divertimento.



Raffaele Astore: Quale è il vostro concetto di psichedelìa? Ascoltando i vostri lavori sembra che la stessa si integri con uno space rock che richiama alla mente gente come gli Hawkwind.

TGS: Non abbiamo in realtà un concetto chiaro di psichedelia o di ciò che può considerarsi in quanto tale o non; TGS è un gruppo fondamentalmente rock, da sempre aperto a sperimentare e a provare strade diverse. Abbiamo sempre cercato di creare qualcosa che potesse coinvolgere sia noi che il pubblico in una sorta di strano slancio emotivo e trasporto oserei dire “liquido”: una specie di lisergico ed appiccicoso ponte gommoso sul quale gingillarsi e trastullarsi noi come musicisti/spacciatori ed il pubblico come consumatore. I nostri dischi ed i nostri concerti non si espongono mai a messaggi espliciti o immagini particolarmente accattivanti (noi stessi non siamo poi così belli da vedere) ma si manifestano essenzialmente come musica, vibrazioni e ferino trasporto, il che lascia all’ascoltatore o al critico una totale libertà interpretativa.
The Great Saunites



Raffaele Astore: “Green” è l’ultimo tassello realizzato. A differenza dei primi due però sembra che musicalmente qualcosa sia cambiato. Si percepisce un po’ di groove nella dilatazione temporale dei brani. E’ un segno di attenzione a nuovi percorsi?

TGS: “Green” costituisce un vero e proprio tributo di TGS a formazioni passate che hanno segnato il nostro immaginario, oltre ad essere forse il disco di matrice più rock all’interno della nostra discografia. Non sappiamo se possa aver segnato un cambiamento nel processo di scrittura, anzi, ti diremmo si e no. Ci piace pensare che ogni nostro disco rimanga di per sé un caso isolato. Per esempio il terzo ed ultimo capitolo di questa trilogia ispirata a luoghi e sostanze (ovviamente testate sulla nostra pellaccia) avrà una “ambientazione musicale” completamente differente; e così crediamo e speriamo per tutte le prossime uscite che pubblicizzeremo. Quindi cercheremo sempre nuovi percorsi; anche perché la “ricerca” tiene spesso in vita progetti non più così longevi e perpetuamente con le tasche vuote e le pezze sul culo.



Raffaele Astore: Siete un gruppo che si apre anche a collaborazioni esterne. Ad esempio come è nata quella con Attilio Novellino e con Corpoc?

TGS: Siamo assolutamente aperti a lavorare con artisti che stimiamo e Attilio Novellino è sicuramente uno di questi. La collaborazione è nata e si è sviluppata a distanza in quanto Attilio vive a Catanzaro e noi a Lodi. Gli abbiamo quindi proposto una jam session catturata con un registratore da pochi spicci; Attilio ha poi aggiunto a questo nostro sghembo motorik lo-fi alcuni drones, samples ed altri strumenti trattati creando un connubio atipico e stravagante ma crediamo anche molto efficace. Siamo estremamente soddisfatti di quel disco e speriamo di approfondire in un prossimo futuro questa felice collaborazione con lui, perché no, lavorando ad un vero e proprio full album. La cosa più divertente è stata conoscersi personalmente sul palco del Thalassa Festival a Roma. Non ci eravamo mai presentati prima e dopo qualche parola eravamo entrambi sullo stesso palco a suonare; è stato un approccio conoscitivo assai interessante e da non sottovalutare.
Per quanto riguarda CORPOC il discorso è legato principalmente ad alcune scelte grafiche. Ogni nostro disco ha infatti uno sviluppo grafico/artistico che spesso lasciamo per un buon 90% nelle mani di chi decidiamo se ne interessi perché lo reputiamo ovviamente assai più competente di noi (e non ce ne vuole molto). La trilogia vede Stefano Gerardi ai disegni, mentre in passato abbiamo lavorato con vivaUltra. CORPOC si è occupato della serigrafia su vinile giallo di “Radicalisme Mècanique” (il disco con Novellino) e della serigrafia sul cd di “Green”. Si può dire che ha contribuito con il suo tocco magistrale e professionalmente ineccepibile a creare un legame “magico” tra il supporto ed il disegno.



Raffaele Astore Avete registrato e mixato l’album presso il Trai Studio, poi è stato scelto di pubblicarlo in download digitale con solo 50 copie su cd numerate a mano in una versione dvd case. Scelta imposta da Toten Schwan Records e Hypershape Records le vostre etichette o lo avete imposto voi? E perché?

TGS Ogni disco è stato registrato e mixato da un fonico differente, Riccardo Gamondi si è occupato di “Nero”, Fabio Intraina ha lavorato a “Green” e Luca Ciffo ha registrato il terzo capitolo di prossima uscita. Ogni fonico ha caratterizzato con il proprio “tocco” il suono di ogni disco come speravamo facessero prima di registrare con loro. “Nero” ha un piglio elettronico/ moderno ma estremamente caldo ed equilibrato, “Green” è palesemente un disco di matrice psych rock/stoner ed ha un suono molto granitico e compresso, mentre sul terzo lavoro non vogliamo ancora svelare nulla ma possiamo assolutamente confermare che sarà un disco molto diverso sia come proposta che come sonorità (ma chi ci segue da un pò ha già assaporato le registrazioni del buon Luca nei nostri precedenti “Delay Jesu ’68” e “The Ivy”) . Quanto al formato di uscita di “Green” abbiamo optato autonomamente , parlandone alle etichette, per una tiratura estremamente limitata e “fatta in casa”. Fondamentalmente riteniamo non abbia molto senso allo stato attuale avventurarsi in stampe a tiratura di 500 copie, essendo evidente una flessione nell’interesse della gente verso l’acquisto dei dischi ai concerti (perlomeno ai nostri). Non vogliamo addentrarci in inutili ed ormai ritrite polemiche ma va constatato che i tempi sono cambiati e sono anche tragicamente compositi ed eterogenei; la vita socio-economica di una band dipende anche da alcuni “rilievi” di questo tipo. Pensiamo inoltre che una tiratura limitata, assai ben curata a livello artistico e accompagnata dalla vendita del digitale attraverso canali ufficiali di band ed etichetta, possa costituire un giusto compromesso tra gli affezionati del supporto, chi preferisce avere tutto a portata di mano senza troppo coinvolgimento economico e la band di un circuito indipendente, con le sue ristrettissime disponibilità economiche.



Raffaele Astore Nella classica psichedelia, così come nel prog, i brani composti sono molto lunghi. Green comprende due brani Dhaneb di ben ventiquattro minuti e Antares di circa ventidue minuti. Di sicuro scelta compositiva difficile per un duo. Pensate di mantenere questa linea anche nel futuro?

TGS In tutti i nostri album abbiamo in effetti inserito brani di lunga durata e “Green” non fa eccezione, anzi, si può dire che abbiamo volutamente “tirato un po’ la corda” su questo aspetto senza curarci troppo della sua fruibilità. Avevamo in testa una certa idea di suono e volevamo che la musica risultasse provocatoriamente intensa, viscerale e che portasse l’ascoltatore ad estraniarsi dalla realtà e viaggiare con la mente. Inizialmente abbiamo addirittura pensato che questo disco potesse appagare solamente la nostra dispotica e deviata trance spirituale. Adesso che “Green” è girato un poco attraverso vari canali e grazie anche al supporto di Toten Schwan e Hypershape, possiamo dire di essere rimasti favorevolmente colpiti dai buoni responsi di pubblico e addetti ai lavori.
Quanto al resto, non sappiamo cosa ci riserverà il futuro e quale direzione potremo intraprendere. Già il prossimo album vedrà alcuni cambiamenti stilistici proprio perché non vogliamo cavalcare una formula ma piuttosto cercare di evolverci in altre direzioni, mantenendo la nostra impronta.



Raffaele Astore La vostra è una produzione di confine musicale. Come descrivereste questo confine?

TGS Diciamo che la nostra è una produzione non propriamente collocabile in quello che può essere un “filone”. Siamo stati infatti accostati di volta in volta allo stoner, poi al metal, alla psichedelia “occulta”, al prog stesso… E’ difficile catalogare a prescindere una proposta che non ha dei confini netti per scelta, seppur si possono riscontrare in essa alcuni sostanziali elementi di ognuna di queste fazioni e correnti. Se proprio dovessimo forzare un confine e delineare una sorta di profilo identitario crediamo si staglierebbe tra il rock di stampo più classico e la musica sperimentale.



Raffaele Astore Continuerete su questa linea in equilibrio tra psichedelica e sperimentazione o pensate di aprirvi anche a nuovi linguaggi?

TGS Come già accennato non sappiamo bene quale direzione si prenderà in futuro perché non vogliamo precluderci alcuna via nella scrittura di nuovo materiale. Quindi non escludiamo di aprirci a nuove forme d’espressione, magari utilizzando anche strumenti diversi o collaborando con altri musicisti.
Ci piacerebbe anche curare in prima persona le registrazioni in modo da non essere troppo legati a rigide tempistiche e poter quindi sperimentare in molteplici direzioni.



Raffaele Astore Quali sono i progetti immediati e quelli per il futuro?

TGS Al momento come TGS abbiamo un album finito che concluderà questo discorso del trittico intrapreso l’anno scorso con “Nero” e portato avanti con “Green”. Vogliamo prenderci il giusto tempo per stamparlo, promuoverlo ed allestire un live che esalti e restituisca l’atmosfera evocata dal disco. Abbiamo anche alcuni progetti paralleli che vedranno la luce nell’immediato futuro; Filtro in primis e l’atto finale della Lucifer big band.

https://www.psycanprog.com/solchisperimentali/solchi-sperimentali-controcultura-intervista-ai-the-great-saunites/