Il gruppo ci propone un album denso, saturo di sonorità scure e
psichedeliche, dal sapore Pink Floydiano, ma con qualcosa di più. Non ci
sono schemi, non ci sono linee ben definite, ma tutto sembra
amalgamarsi. Ritmiche e suoni talvolta martellanti, talvolta sottili e
pacati, ci accompagnano per tutta la durata dell’album.
La prima traccia “Brown” da il nome all’intero lavoro, e ci propone
una intro estremamente ansiogena, con sonorità quasi da American Horror
Story, e che nell’insieme creano quel gusto psichedelico che sembra
piacere alla band. Si avverte compattezza, si sente che il lavoro è nato
con passione dalla mente di Atros(bassi) e Leonard Layola(tamburi). Ci
sono voci liriche, suoni che provengono da tempi e luoghi dimenticati:
il tutto si unisce e ci trasporta fino alla fine del brano.
Passiamo così al secondo brano, “Respect the Music”, un brano che
non modifica l’andamento ossessivo dell’intero album, anzi lo rafforza e
crea un tappeto sonoro destinato a riempire l’ambiente
dell’ascoltatore. il basso incalza la ritmica con un suono pulito e
caldo, mentre una voce recita la frase “Respect the music”
ripetutamente. Una chitarra acida entra in scena aumentando l’aria densa
di inquietudine e ossessione. Ago, terza in scaletta, si apre invece
con un piano digitale e scarno, che suona solitario in un pattern
formato da synth e rumori indefiniti. Difficile comprendere quello che
sta succedendo, ma il piano continua la sua incessante armonia e noi la
seguiamo lasciandoci trasportare.
L’ossessività prosegue anche in questo terzo brano, anche se molla
un pò la sua morsa all’inizio, per poi perdersi in sonorità che sembrano
essere casuali, forse improvvisate. Il brano prosegue fino alla fine
senza sconvolgere il ritmo, senza cambiamenti, con una apparente
casualità di sonorità e percussioni.
Con il quarto brano, “Controfase” ci aspettiamo un cambiamento dal
nome, che infatti arriva. Finalmente un suono armonico e caldo, che ci
accoglie riposandoci le orecchie dopo il brano precedente. Il basso
torna a suonare instancabile, alcuni suoni elettronici si stagliano
nell’ambiente circolare che continua fino alla fine del brano.
L’ultimo brano, Brown (reprise) riprende come promette il titolo e
conclude quello che ha cominciato, portandosi avanti nella tematica del
primo brano d’apertura.
Il livello di questo album è sicuramente buono, estremamente
sperimentale anche se a volte un pò troppo caotico. La band punta
sull’ossessività, e riesce certamente nel suo intento, anche se in
alcuni momenti, come ad esempio durante Ago, ci sentiamo di doverci
chiedere: “il caos è musica?”. Sulla linea di questa domanda i TGS ci
hanno dato un buono spunto di riflessione.
Sicuramente una buona premessa per un salto di qualità che
attendiamo per il prossimo album, che siamo certi non tarderà ad
arrivare.
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