lunedì 30 luglio 2012

Recensione TGS/Lucifer Big Band su "ARISTOCRAZIA WEBZINE"

di Advent

Musica vera sale come fumo, sempre più denso, ci sommerge come liquido. La magia psichedelica stoner e space rock frutto del lavoro dei The Great Saunites tira fuori dai cassetti della memoria percezioni forti che si appiccicano sulla pelle. Ritmi che più che cullare l’ascoltatore, aiutano a sprofondare sul divano di casa, rilassano nervi e muscoli come dopo un bel cannone. "Black City" possiede la carica dei pezzi dei grandi film western, la voce (seppur un piccolissimo cameo, i pezzi sono strumentali) è perfettamente amalgamata nel calderone di giri di basso e batteria che continuano imperterriti lungo un sentiero di sabbia pieno di curve scandite da un tamburello e costellato di dune di feedback noise. L’energia di un esercito racchiusa in questo duo esplosivo farebbe sciogliere anche il meno propenso al genere, se "Black City" non convincesse i più restii a lasciarsi conquistare, "Medjugorje" proporrebbe un classico ma immortale viaggio verso la luce della trascendenza e della spensieratezza.
Arrivato il turno dei Lucifer Big Band, si viene catapultati in uno spazio d’ambient molto oscuro. Suoni sinistri e allarmanti su uno sfondo di riverberi industrial e harsh noise ammorbidito trasformano quello che era quasi diventato il sogno perfetto in un incubo. "Rakshasa Chant" sfilaccia il lavoro dei The Great Saunites, non tocca che ripremere "play" per ritornare nel sogno, nel connubio tra bene e male, i trip positivi hanno la meglio.


 http://aristocraziawebzine.blogspot.it/2012/07/the-great-saunites-lucifer-big-band.html

domenica 22 luglio 2012

Recensione TGS/LUCIFER BIG BAND su "HEAVY WORLDS"

di Fabrizio Agosti

Ci sono gruppi che ci mettono almeno cinque anni per realizzare un album, perché ogni suono deve essere assolutamente perfetto e soprattutto perché ci devono essere due canzoni che se sovrapposte ne devono generare una terza e il booklet deve essere più 3D di Avatar (mi piacciono i Tool, sia chiaro, ma certe cose sono assurde). Poi ci sono tipi loschi come i Great Saunites che se ne sbattono altamente di logiche di mercato e rilasciano quanto più materiale possibile, in questo caso uno split downlodabile gratuitamente con gli egualmente folli Lucifer big band. Discreti cambiamenti in casa TGS rispetto all'EP dell'anno scorso, almeno per quanto riguarda questi due brani. Le basi sono sempre quelle, ovvero musica strumentale lo-fi molto psichedelica e sporca costruita sulle pulsazioni del binomio basso-batteria, ma stavolta sono gli elementi di contorno a cambiare le carte in tavola. "Black City" introduce per la prima volta una voce nella musica del duo, appena sussurrata e percettibile, che enfatizza un brano che sembra una versione ipnotica della colonna sonora di uno spaghetti western polveroso e sgranato. "Medjugorje" pare decisamente un pezzo di rottura con il recente passato, ma dopo ripetuti ascolti sotto una psichedelia quasi retrò si annida sempre quel pulsare ritmico che arriva direttamente allo stomaco. Molto interessanti gli spunti che si percepiscono da questi due pezzi, segno che il duo ha voglia di sperimentare ed esplorare nuove dimensioni senza abbandonare i territori familiari.
I  compagni di split Lucifer big band (che poi in realtà è il progetto solista del batterista dei Great Saunites, quindi tutta una roba in famiglia) invece ci devastano la psiche con un unico lungo brano di synth drone dominato da dissonanze e suoni disturbanti. Devastanti ma non glaciali come chi si approccia a questo tipo di musica partendo dalla freddezza del Black metal, i LBB lasciano intravedere un minimo di positività tra i suoni induttori di trance da spazio profondo di "Rakshasa chant". Chi ama certe atmosfere dei Sunn 0))) e Dolorism di sicuro apprezzerà.
Un ottimo split tra due realtà decisamente di nicchia, che propongono generi affini concettualmente ma diversi musicalmente, che meritano un ascolto da parte di chi vuole conoscere gruppi avanguardistici italiani che non suonino per forza Black metal. In tutti i casi è gratis, quindi tentar non nuoce!

http://www.heavyworlds.com/site/index.php/reviews/item/9256-the-great-saunites/lucifer-big-band-split-ep

lunedì 16 luglio 2012

Recensione TGS/LUCIFER BIG BAND su "WHITE SURFER"

 di Alessandro Gentili

In quest'estate afosa ci pensano The Great Saunites e Lucifer Big Band ad oscurare il cielo lodigiano. Due le menti dietro al breve split EP: Atros al basso e L.Kandur Layola alle chitarre, alle tastiere e ai tamburi formano il duo heavy-psich già autore di "Delay Jesus '68" (Il Verso del Cinghiale / Hypershape 2011), col secondo anche in veste luciferina, già alla seconda uscita dopo il recente "Atto I" su Bloody Sound Fucktory.
The Great Saunites la sorpresa più grande, finalmente maturati dopo un esordio che non aveva convinto in pieno: psichedelia cupa e misticismo voodoo in The black city, una litania dall' incedere lento e marziale che non lascia scampo; più dinamica ed energica Medjugorje, strumentale cavalcata hard in cui la sezione ritmica spiana il campo a sferzate noise e grooves spaziali. Vengono in mente i Black Angels o, per rimanere in casa, i lunari Buzz Aldrin, con un che degli Edible Woman che furono. Lucifer Big Band ci offre invece una nuova conferma a quello che era stato amore a primo orecchio: Rakshasa chant è una frequenza spaziale che riemerge dal nulla cosmico e spirituale in cui affogava Atto I. Cresce, è il male che torna, e lo fa prendendosi tutto il tempo che serve, lento, ammorbando spazi, tessuti e interstizi fisici e mentali. Quella di Lucifer Big Band è musica sacra, è religione nera in terra, è un sabba che non si perde in colori o folclore, punta dritto alla radice nera. Urla digitali fredde e disumane, in questo mondo non c'è più posto per pathos o sentimento.
Per chi odia l'estate, un'alternativa a ghiaccioli, tuffi e party in spiaggia: una pennellata nero pece a cancellare questo luglio torrido.

http://thewhitesurfer.blogspot.it/2012/07/great-saunites-lucifer-big-band-split.html

mercoledì 4 luglio 2012

Recensione DELAY JESUS '68 su "HEAVYWORLDS"

a cura di Fabrizio Agosti

Less is more, diceva una volta qualcuno. E per The great saunites evidentemente questa frase è verbo assoluto, perché con una formazione ridottissima a due elementi, semplicemente basso e batteria, il gruppo ha realizzato un EP di tre brani che però conta come un album vero, dato che comunque il minutaggio tocca la mezzoretta. Basso e batteria per brani interamente strumentali... A qualcuno ricorda qualcosa? Sento una voce lontana che dice Lightning Bolt! No, niente da fare, i brani sono lunghissimi e siamo su uno stile completamente diverso. Un presunto genio cita gli Zu! Fuori strada, niente sax ed è tutta roba molto meno free... Ok, diciamolo chiaramente prima che qualcuno perda definitivamente la brocca: i Great saunites sono uguali semplicemente a loro stessi, persi in uno strano limbo temporale tra passato e presente dove le loro composizioni bassocentriche si tingono di psichedelia tanto lisergica qualnto animalesca e pulsante. La scelta di ridurre la formazione al minimo comune ritmico priva sì il suono di virtuosismi e di una certa ricercatezza, ma riconduce anche la musica verso impianti più semplici, quasi tribali e danzerecci nel loro essere scarni e diretti. A volte ci sono anche strumenti di supporto, nella caso specifico il flauto e una tastiera, ma la musica del duo vive sostanzialmente del pulsare costante del basso e dei cambi di ritmo che si susseguono per tutta la durata dell'album. Tutto il resto è un po' un elemento di contorno, messo lì per dare ulteriore spessore ad una base comunque molto solida. I generi toccati in questo Delay Jesus '68 sono tutti molto sanguigni e ruvidi, per nulla affini al jazz o alla fusion, influenze spesso molto forti in gruppi dalla line up simile a quella dei nostri. Esemplare è la title-track, lunghissima suite che si dipana su 15 minuti che passano dallo stoner feroce e acido alla psichedelia vicina a tratti al drone che induce quasi ad uno stato di trance, passando per quella che potrebbe essere la colonna sonora di un western padano girato in quelle strade di campagna circondate da campi di terra spaccata dal sole. Ecco, i Great saunites hanno la capacità di suonare musica fortemente evocativa che, soprattutto grazie all'assenza del cantato, proietta nella psiche immagini e sensazioni diverse a seconda di chi li ascolta. Anche per questo risulta difficile esprimere un giudizio in numeri, a me personalmente sono piaciuti parecchio perché era da tanto che non sentivo brani così diretti, vitali e sanguigni, in netta contrapposizione con la musica iper prodotta e leccata dei giorni nostri.

http://www.heavyworlds.com/site/index.php/reviews/item/9180-the-great-saunites-delay-jesus-68