lunedì 3 luglio 2017

TGS_ MADE IN CHINA: live album FREE DOWNLOAD



MADE IN CHINA è il primo album live dei TGS.  Registrato al "Terzo Giardino dell'Eden", il festival freak tenutosi lo scorso mese di Maggio a Roma, il disco è disponibile in FREE DOWLOAD sul nostro sito bandcamp.

link: https://thegreatsaunites.bandcamp.com/album/made-in-china


mercoledì 7 giugno 2017

Recensione GREEN su HYPNOS WEBZINE

Due soli brani per poco più di quarantacinque minuti di durata. Due grossi totem musicali in cui sono riversate tonnellate di psichedelia fumante, fatte di stratificazioni sonore ad altissimo tasso ipnotico. Questo è il biglietto da visita di questo duo composto da Atros (basso) e dal polistrumentista Leonard K. Layola, (batteria, tastiere e chitarra). “Green”, loro secondo lavoro dedicato a una trilogia incentrata sui colori iniziata nel 2016 con l’album “Nero”, è rilasciato in un elegante formato DVD limitato a 50 copie numerate a mano tramite Toten Schwan Records e Hypershape Records. I due lunghi brani che compongono questa nuova fatica posseggono più o meno la stessa struttura, ovverosia una solida sezione ritmica, composta da batteria e basso distorto, che guida e sorregge il tutto grazie a complesse ed ipnotiche stratificazioni sonore in cui delle chitarre ultra effettate si sciolgono in acidi synth. Se l’opener “Dhaneb” risulta essere un po’ troppo monolitica come andamento complessivo, la successiva “Antares” è un vero e proprio trip acido, capace di prenderti e lasciarti viaggiare con la mente verso infuocati e solitari scenari desertici. In tutto questo delirio sonoro, Layola tende a proporre dei tempi serrati con la batteria, mentre Atros sparge qua e là melodie dal vago sapore orientale, rappresentando l’unico elemento capace di donare al brano un minimo di struttura logica e melodica. Insomma, due brani per ad alto tasso psichedelico che, pur non possedendo chissà quale originalità, garantiscono quaranticinque minuti ad elevata “fattanza” sonora.

http://www.hypnoswebzine.it/the-great-saunites-green/

GREEN recensito su RUMORE #304, Maggio 2017


mercoledì 5 aprile 2017

Recensione GREEN su HOT MUSIC MAGAZINE

di Sergio Vinci
 
"Green" è la seconda parte di una trilogia iniziata nel gennaio 2016 con l'album "Nero". E' un suono altamente lisergico e fumoso quello di questo duo lodigiano dove spettri, visioni e atmosfere dilatate si fondono assieme per dar vita a due lunghi brani, a tratti inquietanti, a tratti meditativi, ma dalla forza innegabile, una forza oserei dire quasi "esoterica".

Il sound dei Nostri potrebbe essere definito come "semplice" e ripetitivo, ma non immagino un modo diverso per poter far rendere questa proposta musicale allo stesso modo. Anzi, direi che riuscire a convincere usando pochi elementi, ruotando sempre attorno agli stessi riff aggiungendo man mano che si procede sempre qualche arpeggio o ingrediente nuovo ma non deviando mai in maiaera netta il sentiero intrapreso, è impresa non facile. Molti altri avrebbero deluso, i The Great Saunites invece no.
Il loro atmospheric doom-post metal, drogato con forti dosi di psichedelia, generalizzando un po' il discorso, non ha nulla di innovativo, ma riesce a creare un feeling carico di tensione ma allo stesso tempo dai forti connotati meditativi, per un risultato efficace e che troverà negli amanti del genere una sicura approvazione. 
Quindi non rimane molto altro da dire, se non che questo lavoro travalica le mere definizioni di genere e arriva a toccare universi paralleli con un linguaggio lineare ma accattivante. 
Attenti solo a non lasciarvi ipnotizzare eccessivamente, potreste fare viaggi mentali senza ritorno!
Complimenti alla band!
 

martedì 7 marzo 2017

GREEN recensito da METALWAVE

di Snarl

Non male questo secondo album dei The Great Saunites da Lodi, che a discapito di ciò che il nome ci potrebbe far pensare, in realtà propone quasi 57 minuti di musica divisi in sole due tracce di una musica atmosferica e psichedelica, quasi strumentale, un ospace rock dove la batteria propone un groove mai troppo sopra le righe, e dove gli altri strumenti nella prima “Dhaneb” insistono su di un riff che non cambia quasi mai, e se lo fa, ciò avviene in maniera mai esagerata e anzi ben cesellata, finché a 22 minuti dall’inizio del primo brano, i TGS mostrano di saper cambiare marcia con un bel riff stoner, che dimostra dinamicità e come questi ragazzi sono molto più che un mood mantenuto all’infinito e lasciato a sé stesso. Non male anche la seconda “Antares”, più mossa di batteria, ma con un mood che perlopiù resta così per quasi tutta la durata della canzone, fino alla seconda parte dove il sound si fa di colpo più prominente e ossessionante.
In generale, “Green” dei The Great Saunites è un album che riesce molto bene a interpretare lo space rock psichedelico senza renderlo retrò, troppo nostalgico o un qualcosa di narcolettico che poggia tutto sulla ripetitività, e la cui considerevole durata non pesa affatto. Decisamente consigliabile per gli amanti di queste sonorità.

http://www.metalwave.it/recensione.php?id=7677

Recensione GREEN su ROCK HARD #Febbraio 2017


mercoledì 22 febbraio 2017

Recensione GREEN su ROCKAMBULA WEBZINE

di Maria Pia Diodati

La trilogia inaugurata con Nero è già al secondo capitolo. Questa volta il protagonista è il colore di una straniante suite divisa in due parti di oltre venti minuti ciascuna, una palette che dipinge opprimenti scenari Sci Fi e che del verde contempla solo i toni più umbratili e spettrali. Distorsioni e batteria cadenzata in “Dhaneb” dilatano le suggestioni lisergiche e fanno appello a più sfere sensoriali, tra stilemi Doom e Stoner adulterati che si fanno ipnotici e sensuali. Ancor più densa è la materia di “Antares”, dove l’ossessività delle percussioni incalzanti si fa tribale e il tappeto di bassi si arricchisce di lucidi synth retrofuturistici in esiti apocalittici. Aspettiamo l’ultimo atto per dirlo ad alta voce ma tutto lascia pensare che il cerchio si chiuderà egregiamente.

http://www.rockambula.com/fast-listening-recensioni-brevi-per-ascolti-intensi-02-2017/ 

martedì 21 febbraio 2017

GREEN recensito su PSYCANPROG.COM

di Simone Felici

I lodigiani The Great Saunites sono Atros (basso) e Layola (batteria, chitarre e tastiere) e questo “Green” (Hypershape, Toten Schwan, 2016) è la seconda pala di un trittico iniziato lo stesso anno con Nero. Le influenze del duo, il modo di concepire la musica come psichedelica, possono essere ravvisate sin dai loro primi lavori: “Delay Jesus ’68” è infatti un chiaro riferimento alla prima formazione dei Can (ma con matrice decisamente stoner); influenza che torna anche nel The Ivy del 2013 insieme a richiami pinkfloydiani (nel titolo Bottles & Ornaments vs Apples And Oranges quanto nelle dilatazioni) e, in particolar modo, un vero e proprio approccio alla tecnica bassistica di Al Cisneros (esempio lampante Il Quarto Occhio di Nero, ma in realtà sparso in tutti gli album).

 Green è costituito da due sole e lunghissime tracce. Dhaneb è divisa in tre parti: un riff stile Sleep (fuzz ovviamente protagonista) nella prima con voci di un aiuto esterno (Mike B.), memori del cantato di Dave Brock, e chitarre e tastiere per una sola anti-melodia sovraincise da Layola, una dilatatissima e ripetitivissima seconda sezione che lascia uno spazio risicato alla terza ancora di marca Sleep. Antares si apre poi con le stesse atmosfere con cui Dhaneb si è chiusa, ma l’attacco è supersonico e continua per oltre dodici minuti riallacciandosi a quel tipo di psichedelia delle jam cosmiche dei primissimi Ash Ra Tempel ma senza focalizzarsi sull’assolo, che a quanto sembra non va più di moda; se non altro allora hanno bene intuito la necessità odierna di focalizzarsi sulle frequenze basse. Inizia poi un altro viaggio monoaccordo e sfiancante. Il modo psichedelico dei Saunites è quindi orientato sui binari della ripetizione ossessiva e martellante, lasciando il piacere a musicisti e ascoltatori (e spettatori) di perdersi nel magma sonoro che i due fanno colare dal pentolone. Non a caso gli stessi descrivono Green come “il disco di matrice più rock all’interno della [loro] discografia”.

https://www.psycanprog.com/albums/the-great-saunites-2016-green/

giovedì 9 febbraio 2017

Intervista TGS su PSYCANPROG.COM


di Raffaele Astore

Provenienti dalla provincia lombarda, precisamente da Lodi, i Great Saunites sono un duo composto da Atros e Leonard Layola. Formatisi nel 2008, il duo intraprende sin da subito un percorso stilistico che li porteranno a spaziare tra il kraut tedesco anni ‘70, l’hard-space rock di estrazione hawkwindiana e le atmosfera dark rock alla Black Sabbath. Li abbiamo contattati e inserendoci tra un impegno e l’altro, ne è nata questa piacevole intervista.


Raffaele Astore: Ciao ragazzi. Prima di tutto grazie per aver trovato un po’ di tempo da dedicarci; poi visto che il ghiaccio è ormai rotto, parliamo un po’ di voi. La storia dei Great Saunites inizia nel 2008 da allora all’ultima produzione cosa è cambiato?

 TGS: Ciao a te e grazie anzitutto per averci dedicato questo spazio. TGS è un progetto attivo ormai da diversi anni; si potrebbe semplicisticamente affermare che da quando ci siamo formati ad oggi è cambiato un pò tutto e un pò niente. Sicuramente abbiamo sviluppato un suono che sentiamo più nostro rispetto agli inizi ma l’attitudine resta sempre quella di cercare di proporre musica senza particolari schemi o modelli , cercando di fare qualcosa che possa piacere in primis a noi come appassionati che suonano sostanzialmente per divertimento.



Raffaele Astore: Quale è il vostro concetto di psichedelìa? Ascoltando i vostri lavori sembra che la stessa si integri con uno space rock che richiama alla mente gente come gli Hawkwind.

TGS: Non abbiamo in realtà un concetto chiaro di psichedelia o di ciò che può considerarsi in quanto tale o non; TGS è un gruppo fondamentalmente rock, da sempre aperto a sperimentare e a provare strade diverse. Abbiamo sempre cercato di creare qualcosa che potesse coinvolgere sia noi che il pubblico in una sorta di strano slancio emotivo e trasporto oserei dire “liquido”: una specie di lisergico ed appiccicoso ponte gommoso sul quale gingillarsi e trastullarsi noi come musicisti/spacciatori ed il pubblico come consumatore. I nostri dischi ed i nostri concerti non si espongono mai a messaggi espliciti o immagini particolarmente accattivanti (noi stessi non siamo poi così belli da vedere) ma si manifestano essenzialmente come musica, vibrazioni e ferino trasporto, il che lascia all’ascoltatore o al critico una totale libertà interpretativa.
The Great Saunites



Raffaele Astore: “Green” è l’ultimo tassello realizzato. A differenza dei primi due però sembra che musicalmente qualcosa sia cambiato. Si percepisce un po’ di groove nella dilatazione temporale dei brani. E’ un segno di attenzione a nuovi percorsi?

TGS: “Green” costituisce un vero e proprio tributo di TGS a formazioni passate che hanno segnato il nostro immaginario, oltre ad essere forse il disco di matrice più rock all’interno della nostra discografia. Non sappiamo se possa aver segnato un cambiamento nel processo di scrittura, anzi, ti diremmo si e no. Ci piace pensare che ogni nostro disco rimanga di per sé un caso isolato. Per esempio il terzo ed ultimo capitolo di questa trilogia ispirata a luoghi e sostanze (ovviamente testate sulla nostra pellaccia) avrà una “ambientazione musicale” completamente differente; e così crediamo e speriamo per tutte le prossime uscite che pubblicizzeremo. Quindi cercheremo sempre nuovi percorsi; anche perché la “ricerca” tiene spesso in vita progetti non più così longevi e perpetuamente con le tasche vuote e le pezze sul culo.



Raffaele Astore: Siete un gruppo che si apre anche a collaborazioni esterne. Ad esempio come è nata quella con Attilio Novellino e con Corpoc?

TGS: Siamo assolutamente aperti a lavorare con artisti che stimiamo e Attilio Novellino è sicuramente uno di questi. La collaborazione è nata e si è sviluppata a distanza in quanto Attilio vive a Catanzaro e noi a Lodi. Gli abbiamo quindi proposto una jam session catturata con un registratore da pochi spicci; Attilio ha poi aggiunto a questo nostro sghembo motorik lo-fi alcuni drones, samples ed altri strumenti trattati creando un connubio atipico e stravagante ma crediamo anche molto efficace. Siamo estremamente soddisfatti di quel disco e speriamo di approfondire in un prossimo futuro questa felice collaborazione con lui, perché no, lavorando ad un vero e proprio full album. La cosa più divertente è stata conoscersi personalmente sul palco del Thalassa Festival a Roma. Non ci eravamo mai presentati prima e dopo qualche parola eravamo entrambi sullo stesso palco a suonare; è stato un approccio conoscitivo assai interessante e da non sottovalutare.
Per quanto riguarda CORPOC il discorso è legato principalmente ad alcune scelte grafiche. Ogni nostro disco ha infatti uno sviluppo grafico/artistico che spesso lasciamo per un buon 90% nelle mani di chi decidiamo se ne interessi perché lo reputiamo ovviamente assai più competente di noi (e non ce ne vuole molto). La trilogia vede Stefano Gerardi ai disegni, mentre in passato abbiamo lavorato con vivaUltra. CORPOC si è occupato della serigrafia su vinile giallo di “Radicalisme Mècanique” (il disco con Novellino) e della serigrafia sul cd di “Green”. Si può dire che ha contribuito con il suo tocco magistrale e professionalmente ineccepibile a creare un legame “magico” tra il supporto ed il disegno.



Raffaele Astore Avete registrato e mixato l’album presso il Trai Studio, poi è stato scelto di pubblicarlo in download digitale con solo 50 copie su cd numerate a mano in una versione dvd case. Scelta imposta da Toten Schwan Records e Hypershape Records le vostre etichette o lo avete imposto voi? E perché?

TGS Ogni disco è stato registrato e mixato da un fonico differente, Riccardo Gamondi si è occupato di “Nero”, Fabio Intraina ha lavorato a “Green” e Luca Ciffo ha registrato il terzo capitolo di prossima uscita. Ogni fonico ha caratterizzato con il proprio “tocco” il suono di ogni disco come speravamo facessero prima di registrare con loro. “Nero” ha un piglio elettronico/ moderno ma estremamente caldo ed equilibrato, “Green” è palesemente un disco di matrice psych rock/stoner ed ha un suono molto granitico e compresso, mentre sul terzo lavoro non vogliamo ancora svelare nulla ma possiamo assolutamente confermare che sarà un disco molto diverso sia come proposta che come sonorità (ma chi ci segue da un pò ha già assaporato le registrazioni del buon Luca nei nostri precedenti “Delay Jesu ’68” e “The Ivy”) . Quanto al formato di uscita di “Green” abbiamo optato autonomamente , parlandone alle etichette, per una tiratura estremamente limitata e “fatta in casa”. Fondamentalmente riteniamo non abbia molto senso allo stato attuale avventurarsi in stampe a tiratura di 500 copie, essendo evidente una flessione nell’interesse della gente verso l’acquisto dei dischi ai concerti (perlomeno ai nostri). Non vogliamo addentrarci in inutili ed ormai ritrite polemiche ma va constatato che i tempi sono cambiati e sono anche tragicamente compositi ed eterogenei; la vita socio-economica di una band dipende anche da alcuni “rilievi” di questo tipo. Pensiamo inoltre che una tiratura limitata, assai ben curata a livello artistico e accompagnata dalla vendita del digitale attraverso canali ufficiali di band ed etichetta, possa costituire un giusto compromesso tra gli affezionati del supporto, chi preferisce avere tutto a portata di mano senza troppo coinvolgimento economico e la band di un circuito indipendente, con le sue ristrettissime disponibilità economiche.



Raffaele Astore Nella classica psichedelia, così come nel prog, i brani composti sono molto lunghi. Green comprende due brani Dhaneb di ben ventiquattro minuti e Antares di circa ventidue minuti. Di sicuro scelta compositiva difficile per un duo. Pensate di mantenere questa linea anche nel futuro?

TGS In tutti i nostri album abbiamo in effetti inserito brani di lunga durata e “Green” non fa eccezione, anzi, si può dire che abbiamo volutamente “tirato un po’ la corda” su questo aspetto senza curarci troppo della sua fruibilità. Avevamo in testa una certa idea di suono e volevamo che la musica risultasse provocatoriamente intensa, viscerale e che portasse l’ascoltatore ad estraniarsi dalla realtà e viaggiare con la mente. Inizialmente abbiamo addirittura pensato che questo disco potesse appagare solamente la nostra dispotica e deviata trance spirituale. Adesso che “Green” è girato un poco attraverso vari canali e grazie anche al supporto di Toten Schwan e Hypershape, possiamo dire di essere rimasti favorevolmente colpiti dai buoni responsi di pubblico e addetti ai lavori.
Quanto al resto, non sappiamo cosa ci riserverà il futuro e quale direzione potremo intraprendere. Già il prossimo album vedrà alcuni cambiamenti stilistici proprio perché non vogliamo cavalcare una formula ma piuttosto cercare di evolverci in altre direzioni, mantenendo la nostra impronta.



Raffaele Astore La vostra è una produzione di confine musicale. Come descrivereste questo confine?

TGS Diciamo che la nostra è una produzione non propriamente collocabile in quello che può essere un “filone”. Siamo stati infatti accostati di volta in volta allo stoner, poi al metal, alla psichedelia “occulta”, al prog stesso… E’ difficile catalogare a prescindere una proposta che non ha dei confini netti per scelta, seppur si possono riscontrare in essa alcuni sostanziali elementi di ognuna di queste fazioni e correnti. Se proprio dovessimo forzare un confine e delineare una sorta di profilo identitario crediamo si staglierebbe tra il rock di stampo più classico e la musica sperimentale.



Raffaele Astore Continuerete su questa linea in equilibrio tra psichedelica e sperimentazione o pensate di aprirvi anche a nuovi linguaggi?

TGS Come già accennato non sappiamo bene quale direzione si prenderà in futuro perché non vogliamo precluderci alcuna via nella scrittura di nuovo materiale. Quindi non escludiamo di aprirci a nuove forme d’espressione, magari utilizzando anche strumenti diversi o collaborando con altri musicisti.
Ci piacerebbe anche curare in prima persona le registrazioni in modo da non essere troppo legati a rigide tempistiche e poter quindi sperimentare in molteplici direzioni.



Raffaele Astore Quali sono i progetti immediati e quelli per il futuro?

TGS Al momento come TGS abbiamo un album finito che concluderà questo discorso del trittico intrapreso l’anno scorso con “Nero” e portato avanti con “Green”. Vogliamo prenderci il giusto tempo per stamparlo, promuoverlo ed allestire un live che esalti e restituisca l’atmosfera evocata dal disco. Abbiamo anche alcuni progetti paralleli che vedranno la luce nell’immediato futuro; Filtro in primis e l’atto finale della Lucifer big band.

https://www.psycanprog.com/solchisperimentali/solchi-sperimentali-controcultura-intervista-ai-the-great-saunites/

domenica 29 gennaio 2017

Recensione GREEN su THE NEW NOISE

di Fabrizio Garau

The Great Saunites vuol dire anzitutto basso più batteria. Om (accenni), reiterazione e pesantezza nella prima traccia “Dhaneb”: in pratica qui ho di fronte il duo inscalfibile che ho imparato ad apprezzare. Maggiore dinamismo in “Antares”, che ha un andamento in qualche modo ascensionale a renderla interessante, per questo non è casuale che qualcuno ci abbia visto gli ultimi Swans: in un certo senso è stato bravo a pensarci, ma la testa va più facilmente alla psichedelia degli anni che furono, del resto lo suggerisce il percorso dei Saunites finora e anche in sede di presentazione di Green si dice questo. Sempre nel secondo pezzo si fanno largo molto bene anche le tastiere, gestite – pare – dal batterista, che abbiamo visto all’opera pure da solo col nome Lucifer Big Band.
Siamo di fronte a un gruppo valido, che si poggia su determinate basi, ma è allo stesso tempo coraggioso e aperto, come s’intuisce dalla collaborazione con Novellino. Che cosa manca ancora, dunque, posto che i Saunites sono anche così bravi da andare in giro e mettersi alla prova sui palchi italiani? Produzione e artwork un gradino sopra? Il guizzo ulteriore per rendersi subito riconoscibili? Poi, tra le cose che non dipendono direttamente da loro: più visibilità, anche fuori dal nostro Paese? Un’etichetta un po’ più grossa e tirature numericamente più significative? Questo senza nulla togliere, ad esempio, a Mike di Hypershape e dei Viscera///, che con la sua palese conoscenza di certi suoni non poteva non innamorarsi dei Great Saunites.



mercoledì 25 gennaio 2017

Presentazione GREEN su ONDAMUSICALE

 di Electric Duo Project (EDP)

THE GREAT SAUNITES sono un duo basso-batteria fondato a Lodi nel 2008 quando Atros e Leonard K. Layola decidono di dare vita, forma e sostanza alle loro sensazioni, tramite un avvolgente mistura dei loro strumenti.
Il risultato è un'ipnotica sezione ritmica in cui il pulsare delle frequenze del basso si innestano alla perfezione nei tamburi, anch'essi ipnotici, creando un interessante crossover tra il kraut rock e la psichedelia acida: è questo il loro personalissimo sabba sonoro.
Green è la seconda parte della trilogia iniziata con Nero ad inizio 2016 ed è volta a trascinare l'ascoltatore in un viaggio di sola andata verso il cosmo oscuro laddove, persi i contatti con la realtà terrena, il viaggio può davvero iniziare. Ci troviamo nell'ambito dello psychedelic space rock.
L'album, registrato e mixato presso il Trai Studio di Fabio Intraina, esce anche grazie alla collaborazione tra Toten Schwan Records e Hypershape Records (già etichetta di Nero) ed è pubblicato sia in versione download digitale che nella limitatissima versione in CD (50 copie numerate a mano in una versione dvd case con artwork curato da Stefano Gerardi).

sabato 21 gennaio 2017

TGS_GREEN recensito da METALITALIA

di Davide Romagnoli

Prosegue la jam cosmica del duo lodigiano, iniziata nel 2016 con “Nero”, per addentrarsi ancora nelle profondità spaziali e mistiche dell’adorazione ai Titani Sonici, nominati espressamente dalla band. Con “Green” abbiamo, a differenza delle passate declinazioni, due brani, espressioni bilaterali di una ricerca espressiva di space rock psichedelico con le medesime reminiscenze sludge che avevano contraddistinto il passato della band. “Dhaneb”, riferita probabilmente alla stella più luminosa della costellazione del Cigno, ripercorre, nei suoi 25 minuti di durata, tutti quegli andamenti cari ai The Great Saunites, i saliscendi desertici di tradizione strumentale, riportati in voga dalla ripresa della scena stoner in quasi tutto il mondo, impreziosita però da alcuni interventi vocali, che ne amplificano la dinamica portante, ad opera dell’ospite Mike B., oltre che dalle tribalità del basso di Atros e dai trip batteristici di Leonard, al quale estro sono affidate anche le chitarre. Se con “Nero” si era scesi negli abissi infimi della metropoli fino ai baratri di Golconda, con “Green” si tende alle sfere celesti, e con i 22 minuti di “Antares” si compie il secondo viaggio spaziale, là dove si era rimasti con la precedente, ancora di più verso lidi sonici, mistici e psichedelici. I tripudi lisergici nel finale (dove sembra di sentire i climax catartici di certi ultimi Swans) lasciano ancora una volta ben sperare per il futuro della band e per il terzo tassello del percorso triadico di questo ultimo, affascinante progetto di una realtà tutta italiana da non sottovalutare.

https://metalitalia.com/album/the-great-saunites-green/

GREEN recensito da MUSICA DIFFICILE ITALIANA

di Aaron Giazzon

Oi Amici! Torniamo a segnalare, portando alla vostra attenzione il nuovo lavoro del duo doom/ambient The Great Saunites. Dopo l’ottimo “Nero” dello scorso anno e segnalato qui su questo blog, i nostri tornano con un altro EP contenente due pezzi belli corposi (quasi 25 minuti per pezzo).
Il disco è fuori per le etichette Toten Schwan e Hypershape Records e, a differenza del precedente, si concentra non tanto sull’ambient quanto piuttosto sul buon vecchio space rock anni ‘70: liquido, libero, fluente.
Le due suite mettono in evidenza lo spirito libero del duo, che si lascia andare in riff, effetti e lunghissime divagazioni da gusto molto retrò. Un buona prova, dunque, per appassionati più che per neofiti, data la lunghezza non trascurabile dei pezzi e la particolarità della proposta.
Interessante il supporto: un’edizione limitata a sole 50 copie del disco, in buona tradizione da micro-etichetta noise.

http://musicadifficileitaliana.tumblr.com/post/155734695264/the-great-saunites-green

martedì 17 gennaio 2017

Recensione GREEN su SENTIRE ASCOLTARE


 di Stefano Pifferi

Green è la seconda parte della trilogia iniziata lo scorso anno con Nero e segna un ritorno dei due The Great Saunites alle sonorità più hard&heavy&acid che ne segnavano gli esordi; prima cioè delle varie contaminazioni che culminarono nella strana coppia formata con il sound-artist Attilio Novellino. L’attacco di questo nuovo lavoro lascia poco spazio a dubbi o problemi di collocazione: basso grasso, distorto e rotondo a tirare le fila e batteria in midtempo che ci catapulta indietro nel tempo agli esordi targati Om e prima ancora Sleep, ovvero la lezione sabbathiana rallentata e inselvatichita da anni e anni di desert sound, Kyuss e progenie tutta, ipnosi da funghi allucinogeni, volate di erba buonissima per paradisi artificiali in terra. Unite a queste coordinate ideologiche prima ancora che sonore, un certo gusto per la reiterazione – dopotutto due suite come Dhaneb e Antares da più di venti minuti l’una dicono molto dell’approccio ripetitivo e del gusto per la ciclicità ipnotica – e avrete esattamente tutto ciò che si ritrova in questo passo che cromaticamente degrada dal “nero” del primo volume verso un “verde” che ci piace immaginare non troppo torvo, quanto brillante come una cima di marijuana. Space-acid-rock dal peso specifico elevatissimo e sviluppato in the name of ganja, ma con un occhio di riguardo per il viaggione cosmico e la perdita della coscienza.

http://sentireascoltare.com/recensioni/the-great-saunites-green/

Recensione GREEN su LA CADUTA

di Giacomo Bergantini

Green, secondo capitolo della trilogia cromatica, uscito il 15 dicembre in una edizione super-limitata (50 copie) per Toten Schwan Records e Hypershape Records. La coppia Atros-Layola continua il lavoro iniziato un anno fa con Nero, proponendo tonnellate di psichedelia e riff ipnotici. Il canovaccio è semplice: due brani, oltre quaranta minuti di musica e l’obiettivo di trascendere la materia. Dhaneb e Antares, due composizioni monolitiche infarcite di riferimenti che dagli anni ’70, con particolare affezione per Hawkwind e Black Sabbath, passano per il krautrock fino ad arrivare ai più vicini Sleep e Om. Due tracce, in un certo senso, monotone: pur manifestando una importante “fisicità” nel suono, procedono incessantemente sullo stesso tema, focalizzandosi molto più sull’atmosfera che sulla composizione; ed è esattamente questo il gioco che i The Great Saunites vogliono farci giocare: ipnotizzare con la ripetizione per alienarci dalla materia, staccare i piedi da terra e farci ritrovare a vagare nel cosmo. Il rischio, però, a cui Green non è estraneo, è quello di ottenere l’effetto contrario. Ciclicità e ripetizione, spinte al parossismo, possono finire per perdere di mordente e disincantare l’ascoltatore piuttosto che ammaliarlo.

https://lacaduta.it/megarecensioni-vol-4-gennaio-2017-pt-1-898dbce43ba4#.9a0inxdog

GREEN recensito da METALEYES.IYEZINE

di Stefano Cavanna

Dopo oltre 3 anni dall’ottimo The Ivy, del quale avevo già avuto occasione di parlare sulle pagine di In Your Eyes, e circa ad uno di distanza da Nero, arriva l’atto secondo della trilogia iniziata proprio con quest’ultimo lavoro da parte dei lombardi The Great Saunites.
Rispetto ai due lavori precedenti, il duo composto da Atros e Leonard K. Layola spinge in maniera decisa e senza tentennamenti verso un impatto lisergico che avvolge nelle sue insidiose e piacevoli spire l’ascoltatore di turno: i brani sono solo due ma, insieme, assommano più di tre quarti d’ora di musica, con Dhaneb che martella implacabilmente reiterando le poche variazioni sul tema fino a portare all’assuefazione, ed Antares che viaggia sulla stessa falsariga, con la grande differenza che, mentre la prima traccia si placa nella sua parte finale, la seconda dopo circa un quarto d’ora intensifica ulteriormente suoni e ritmi.
Anche se qualcuno potrà sostenere che The Ivy fosse senz’altro più vario, alla luce della sua distribuzione su cinque brani piuttosto diversi tra loro, personalmente ritengo che, con Green, la band riesca a focalizzare molto meglio le proprie naturali pulsioni, lasciando da parte una vena sperimentale che, invece, era stata evidenziata maggiormente in Nero: a livello di approccio, inoltre, Green sembra ripartire da quello che era il brano migliore dell’album d’esordio, Medjugorje, del quale riprende l’impagabile ed ossessivo incedere.
Ciò che ne resta (molto) è una sorta di lunghissima jam session nella quale la noia è bandita se si hanno nel proprio dna i primi Pink Floyd, gli Hawkwind o gli stessi Ozric Tentacles, rispetto ai quali però i The Great Saunites possiedono un’anima ben più robusta.
Per chi apprezza i nomi succitati Green è un’opera che darà molte soddisfazioni, mentre magari potrebbe trovare qualche ostacolo in più nel penetrare in chi non ha familiarità con questi suoni: di sicuro, il fatto che quest’album sia di assoluto valore è un dato oggettivo, che depone a favore delle doti compositive dei The Great Saunites, capaci di provocare con la loro musica alterazioni di coscienza senza dover ricorrere a sostanze illegali, nonché in grado di prodursi in una progressione stilistica costate e priva di calcoli di convenienza.

http://metaleyes.iyezine.com/the-great-saunites-green/

sabato 14 gennaio 2017

Recensione TGS_GREEN su ONDAROCK

di Michele Saran

 I Great Saunites, il basso distorto di Atros (Marcello Agroppi) e la batteria infaticabile di Leonard Layola (Angelo Bignamini) danno un veloce seguito a “Nero” (2016) con “Green”.

I venticinque minuti di “Dhaneb” sono un allenamento space-rock incredibilmente statico, niente a che vedere coi mastri Hawkwind. L’unica parte appena più avvincente è una variazione a passo cingolato con il basso che ulula feedback, ma che poco si discosta da una confusa routine psichedelica: dopo più di dieci minuti di progressione, il clima del brano non cambia; svanisce in una landa lisergica prima di riprendere col tempo primo.

Il furore, più brasileiro che cosmico, di “Antares” (ventun minuti) ha uno sprint e una frenesia forse superiori. Dopo quattro minuti sembra però aver già esaurito il carburante, come una “Interstellar Overdrive” dei Pink Floyd che interrompe il processo di disintegrazione, rimanendo a mezz’aria tra improvvisazione e ripetizione inebetita del tema.

Secondo capitolo di una trilogia “cromatica”, registrato e pubblicato nello stesso anno del predecessore. Nobilissime le intenzioni, solo due brani estesi, che però si possono asciugare a - forse - due idee per brano, e rimasticate. Puntano alla trance, ci riescono in parte perché a eruttare sono sensazionalismo ed esibizionismo. Sforzo fisico, quello sì notevole, più che musicale. Il canto (fantasma) in "Dhaneb" è di di Mike B dei Viscera.
Tiratura limitata con “visual layouts” di Giorgio Salmoiraghi. Co-produzione con Toten Schwan.

http://www.ondarock.it/recensioni/2016-greatsaunites-green.htm

lunedì 9 gennaio 2017

GREEN recensito su SODAPOP WEBZINE


 di Emiliano Zanotti

Il duo The Great Saunites è simile a un elettrone che orbita intorno al nucleo che rappresenta la loro idea di musica: sappiamo che sono lì ma il punto preciso è imprevedibile. Green – secondo capitolo della trilogia dedicata ai colori e prodotto in un numero limitatissimo di copie – li vede muoversi seguendo le traiettorie di due lunghe jam per un totale di oltre tre quarti d’ora di musica che si dirige verso un punto chiaramente indicato dall’immagine di copertina opera di Stefano Gerardi. Dhaneb parte come degli Om che abbiano barattato la ricerca della trascendenza con una buona dose di immanenza e ci delizia con un fugace e inedito inserto vocale (opera dell’ospite Mike B.) in quello che è uno dei momenti migliori nella discografia del duo; si prosegue con l’inserimento di una chitarra che ricama blues etereo su ritmiche corpose e dopo un breve momento di riflessione, si chiude con un orgoglioso scatto hard. Antares raccoglie il testimone partendo senza far sconti, poi si assesta veleggiando in un’atmosfera sognante non lontano da certe cose della Squadra Omega (chissà perché The Great Saunites non godono presso il pubblico dello stesso appeal…) ma poi l’anima grezza – per inciso quella che più ci piace e nella quale i due trovano la loro ragione d’essere – torna a farsi sentire con batteria e basso che macinano groove in un crescendo infinito come un trapano a percussione che lavora senza pause fino all’inevitabile fuorigiri, che pone fine al disco. The Great Saunites sono un gruppo cocciuto che, giocando con elementi  sempre più o meno uguali, gira intorno ad un’idea di suono esplorandone ogni anfratto: ad un primo ascolto vi sembreranno gli stessi lasciando poi emergere le differenze col tempo. A tutt’oggi non si ravvisano segni di stanchezza.

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