domenica 31 marzo 2013

"The IvY" recensito su Distorsioni


di Romina Baldoni

Una serie di elementi apparentemente inconciliabili convivono e si fondono ad effetto sorpresa in questo primo lavoro del duo The Great Saunites. Dopo il convincente EP di fine 2011 “Deley Jesus ‘68” (Hypershape Records/Il Verso del Cinghiale) e uno split con Lucifer Big Band i lodigiani Atros (basso) e Leonard Kandur Layola (batteria) provano ad aprire le porte ad una nuova ed interessante commistione sonora. Hanno un suono potente e granitico ed un piglio metal ma allo stesso tempo stemperano in una forma psichedelica che ha in sé rimandi roots ed esotici ed una sete sperimentale che si colloca in un tempo indefinito, dove influenze del passato e avanguardia futurista sono centrifugate da una personalissima rilettura arty. C’è un solo possibile paragone a tanto cromatismo eclettico che mi sovviene: i Can. Furono proprio i Can a miscelare il battito tribale, l’atmosfera mistica da cerimoniale e le folate di avvenirismo. The Great Saunites raccolgono le loro derive visionarie e fortemente distorte, impregnate di spleen nostalgici ed evasioni cosmiche, creando incroci fatali e legami di grande suggestione che sublimano profondità antropologica, psiche e metafisica. Acidi, occulti e metal frenetici.


Cassandra si apre  con un dialogo vorticoso e sincopato basso batteria caratterizzato da distorsioni e galoppate a propulsione motorik. Un incedere strutturato che si frastaglia in libere progressioni cariche di suggestione emotiva. La tensione si dilata in una specie di flashback visivo introdotto da nastri di cori che ci introducono al trambusto catatonico di Medjugorje. Un assalto sferragliante di basso ed echi sinistri di tastiere crea un muro sonoro fosco e denso su cui il contrappunto del ride e la metronomica, convulsa percussione, non fanno altro che distendere un velo glaciale di caligine che finisce di saturare l’atmosfera. Si raccoglie il fiato solo con l’ultima secca scansione finale. Bottles & Ornaments è la virata deviata e criptica in cui il disco cerca di allungare i propri tentacoli concettuali oltre che musicali. Rimasugli, frattaglie visive e sonore deformate e destrutturate filtrate dal sibilo lugubre ed evocativo di una chitarra floydiana. Poi c’è il folk blues arpeggiato di Ocean Raves che finisce di tessere in groviglio umbratile esistenziale dei pensieri in libero fluire. Un catartico momento di raccoglimento che apre la strada allo sviluppo poliforme dell’edera.


The Ivy è la cavalcata incontenibile che unisce la forza viscerale delle radici alla fobia dell’ignoto in un viaggio di astrattismi e concretismi che racchiudono esplorazione, ricerca, metamorfosi, perdizione e ascesi psichica. Penso all’edera ma penso anche allo snodarsi del sistema linfatico e circolatorio nel corpo umano, qualcosa di molto più viscerale. La suite, di ben venti minuti, si sviluppa in tre momenti assai diversi tra loro, partendo da una serie di flanger che evocano l’idea di dilatazione, di insidioso propagarsi, sostenuti da un basso cupissimo a dal ritmo incessante della batteria che sembra un richiamo propiziatorio. Si cade in una specie di trance da iterazione fino a che la struttura finisce per sgretolarsi completamente e lasciare spazio ad una serie di interferenze e feedback urticanti, a questo punto subentra un growl oscuro e si piomba in un silenzio straniante. La terza fase è invece l’apoteosi del libero deragliamento di pura improvvisazione psichedelica. Tastiere nevrotiche, rumorismi, cacofonie. L’Autobahn dei Kraftwerk piombata in un caos di isterismo deviato e claustrofobico, la fluidità più primitiva. Poi un finale in acustico che mi fa pensare agli Angels of Light. Magistrale il lavoro di Luca Ciffo alla registrazione e al mixaggio, la masterizzazione di Rico Gamondi. 

venerdì 22 marzo 2013

"The IvY" recensito su The New Noise


di Maurizio Inchingoli


Interessante questo nuovo lavoro dei lodigiani The Great Saunites. Sono in due, Atros, tra l’altro bassista degli X-Mary, e Leonard (Lucifer Big Band) alla batteria, e con questo The Ivy provano a fare il salto di qualità, anche grazie all’aiuto della solita pletora di etichette, che li supporta pubblicandoli in formato lp.

Loro sono l’ennesima dimostrazione di come l’underground italiano sia vivo e scalpiti da tempo insieme a noi (in cabina di regia, tra l’altro, c’è Luca Ciffo della Fuzz Orchestra): colpisce infatti la loro capacità di architettare pezzi praticamente strumentali con una scioltezza impressionante. “Medjugorje” scalcia con feedback violenti e lontano ricordo cinematico che colpisce in faccia (potrebbe suonare all’infinito e senza cedimenti di sorta). I nastri al contrario e la vena floydiana di “Bottles & Ornaments” fanno da utile ponte per la traccia successiva, la prova acustica di “Ocean Raves”, davvero riuscita: in pratica, una sorta di blues del delta suonato magari pensando alle rive dell’Adda invece che alle paludi della Florida. Perniciose suggestioni a parte, il pezzo ha il suo perché e dimostra quanto i ragazzi amino rendere eterogenea una proposta che ai nastri di partenza viene presentata come rock dal sapore metallico e kraut. Non a caso l’apoteosi delle finale title-track conferma la loro principale missione, cioè miscelare quei passaggi a distese lisergiche spiazzanti: allora vai di tastiere, effettistica varia, batteria pestona e bassi slabbrati, quasi venti minuti di febbrile tempesta sonica che stordisce i malcapitati (menzione speciale per la parte centrale del pezzo, con quei deliri free che seducono) e confonde ulteriormente le carte in tavola, facendoci pensare come i due stiano tentando di fuggire a gambe levate da ipotetiche tentazioni “avant”. Bravi, li aspettiamo quanto prima al varco della prova live.

giovedì 21 marzo 2013

"The IVy" recensito su Terapie Musicali


The Great Saunites è Atros e Leonard Kandur Layola. Essenzialmente al basso; essenzialmente ai tamburi. Suonano insieme dal 2008 e fino ad ora hanno trovato tempo, modo e spazi per registrare due album, uno split condiviso con i più violenti Canide e un ep in parte anticipatore di questo terzo parto discografico realizzato a stretto contatto con la Lucifer Big Band (entità sonora parallela dello stesso Layola, al secolo Angelo Bignamini nonché factotum del progetto). Di certo una band a cui non piace stare con le mani in mano e che ha saputo destare l'attenzione di molti addetti ai lavori se per il nuovo album, rigorosamente in vinile limitato a 300 esemplari, ma con la possibilità di un download digitale per i suoi possessori, si sono mosse con celerità un manipolo di etichette specializzate nel supporto di realtà e suoni alternativi come il post rock contaminato proposto dal duo lodigiano. Mai Atros e Layola si erano espressi su minutaggi così brevi come accade nell'iniziale Cassandra, inattesa corsa verso l'ignoto puntellata da una chitarra impertinente e caratterizzata da suoni monchi di tastiera; mai avevano trovato spazio sui loro lavori atmosfere così eteree e rilassate, quasipinkfloydiane, come la psichedelica Bottles & Ornaments  mette bene in evidenza. Eppure ciò che va sottolineato è la totale libertà d'espressione pienamente compiuta e non più riconducibile ad un solo genere musicale. L'arpeggio continuato di Ocean Ravesè lì a dimostrarlo: brano sostanzialmente di cantautorato folk, la quarta traccia dell'lp disegna scenari sconosciuti ai sostenitori della prima ora, ma consente una fruibilità maggiore a chi vorrà ascoltare; anomalo cavallo di Troia a ridosso della facciata B occupata dall'unico, entusiasmante, pachidermico brano che dà il titolo all'album. The Ivy è il nuovo corso. O forse solo l'intuizione folgorante di un momento ben preciso all'interno della parabola discografica del duo. Oltre 19 minuti di straniante sospensione che rappresentano un viaggio della mente personalissimo, ombroso e vibrante; non privo di imperfezioni, ma, proprio in virtù di ciò, policromo e cangiante. Una jam session che poco per volta, minuto dopo minuto, visita ambienti sonori differenti sollecitando per tentativi suggestioni a cavallo tra il post rock e le derive dell'avanguardia sperimentale. Le sorprese continuano e terminano con la già nota Medjugorje, abrasiva cavalcata spaziale presente in altra versione sul precedente ep e ora riadattata alle esigenze performative dell'Anno Domini 2013. Anche in questo modo dunque THE IVY compendia le nuove istanze al recente passato, conservandolo e al tempo stesso superandolo per progressione; è disco umorale, coriaceo e ciclico. Rampicante. Proprio come l'edera.

http://terapiemusicali.blogspot.it/2013/02/the-ivy-great-saunites-have-you-said.html