mercoledì 4 luglio 2012

Recensione DELAY JESUS '68 su "HEAVYWORLDS"

a cura di Fabrizio Agosti

Less is more, diceva una volta qualcuno. E per The great saunites evidentemente questa frase è verbo assoluto, perché con una formazione ridottissima a due elementi, semplicemente basso e batteria, il gruppo ha realizzato un EP di tre brani che però conta come un album vero, dato che comunque il minutaggio tocca la mezzoretta. Basso e batteria per brani interamente strumentali... A qualcuno ricorda qualcosa? Sento una voce lontana che dice Lightning Bolt! No, niente da fare, i brani sono lunghissimi e siamo su uno stile completamente diverso. Un presunto genio cita gli Zu! Fuori strada, niente sax ed è tutta roba molto meno free... Ok, diciamolo chiaramente prima che qualcuno perda definitivamente la brocca: i Great saunites sono uguali semplicemente a loro stessi, persi in uno strano limbo temporale tra passato e presente dove le loro composizioni bassocentriche si tingono di psichedelia tanto lisergica qualnto animalesca e pulsante. La scelta di ridurre la formazione al minimo comune ritmico priva sì il suono di virtuosismi e di una certa ricercatezza, ma riconduce anche la musica verso impianti più semplici, quasi tribali e danzerecci nel loro essere scarni e diretti. A volte ci sono anche strumenti di supporto, nella caso specifico il flauto e una tastiera, ma la musica del duo vive sostanzialmente del pulsare costante del basso e dei cambi di ritmo che si susseguono per tutta la durata dell'album. Tutto il resto è un po' un elemento di contorno, messo lì per dare ulteriore spessore ad una base comunque molto solida. I generi toccati in questo Delay Jesus '68 sono tutti molto sanguigni e ruvidi, per nulla affini al jazz o alla fusion, influenze spesso molto forti in gruppi dalla line up simile a quella dei nostri. Esemplare è la title-track, lunghissima suite che si dipana su 15 minuti che passano dallo stoner feroce e acido alla psichedelia vicina a tratti al drone che induce quasi ad uno stato di trance, passando per quella che potrebbe essere la colonna sonora di un western padano girato in quelle strade di campagna circondate da campi di terra spaccata dal sole. Ecco, i Great saunites hanno la capacità di suonare musica fortemente evocativa che, soprattutto grazie all'assenza del cantato, proietta nella psiche immagini e sensazioni diverse a seconda di chi li ascolta. Anche per questo risulta difficile esprimere un giudizio in numeri, a me personalmente sono piaciuti parecchio perché era da tanto che non sentivo brani così diretti, vitali e sanguigni, in netta contrapposizione con la musica iper prodotta e leccata dei giorni nostri.

http://www.heavyworlds.com/site/index.php/reviews/item/9180-the-great-saunites-delay-jesus-68

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