The Great Saunites
vuol dire anzitutto basso più batteria. Om (accenni), reiterazione e
pesantezza nella prima traccia “Dhaneb”: in pratica qui ho di fronte il
duo inscalfibile che ho imparato ad apprezzare. Maggiore dinamismo in
“Antares”, che ha un andamento in qualche modo ascensionale a renderla
interessante, per questo non è casuale che qualcuno ci abbia visto gli
ultimi Swans: in un certo senso è stato bravo a pensarci, ma la testa va
più facilmente alla psichedelia degli anni che furono, del resto lo
suggerisce il percorso dei Saunites finora e anche in sede di
presentazione di Green si dice questo. Sempre nel secondo pezzo si fanno
largo molto bene anche le tastiere, gestite – pare – dal batterista,
che abbiamo visto all’opera pure da solo col nome Lucifer Big Band.
Siamo di fronte a un gruppo valido, che
si poggia su determinate basi, ma è allo stesso tempo coraggioso e
aperto, come s’intuisce dalla collaborazione
con Novellino. Che cosa manca ancora, dunque, posto che i Saunites sono
anche così bravi da andare in giro e mettersi alla prova sui palchi
italiani? Produzione e artwork un gradino sopra? Il guizzo ulteriore per
rendersi subito riconoscibili? Poi, tra le cose che non dipendono
direttamente da loro: più visibilità, anche fuori dal nostro
Paese? Un’etichetta un po’ più grossa e tirature numericamente più
significative? Questo senza nulla togliere, ad esempio, a Mike di
Hypershape e dei Viscera///, che con la sua palese conoscenza di certi
suoni non poteva non innamorarsi dei Great Saunites.