di Raffaele Astore
Provenienti dalla provincia lombarda, precisamente da Lodi, i Great Saunites sono un duo composto da Atros e Leonard Layola.
Formatisi nel 2008, il duo intraprende sin da subito un percorso
stilistico che li porteranno a spaziare tra il kraut tedesco anni ‘70,
l’hard-space rock di estrazione hawkwindiana e le atmosfera dark rock
alla Black Sabbath. Li abbiamo contattati e inserendoci tra un impegno e
l’altro, ne è nata questa piacevole intervista.
Raffaele Astore: Ciao
ragazzi. Prima di tutto grazie per aver trovato un po’ di tempo da
dedicarci; poi visto che il ghiaccio è ormai rotto, parliamo un po’ di
voi. La storia dei Great Saunites inizia nel 2008 da allora all’ultima
produzione cosa è cambiato?
TGS: Ciao a te e grazie anzitutto per averci
dedicato questo spazio. TGS è un progetto attivo ormai da diversi anni;
si potrebbe semplicisticamente affermare che da quando ci siamo formati
ad oggi è cambiato un pò tutto e un pò niente. Sicuramente abbiamo
sviluppato un suono che sentiamo più nostro rispetto agli inizi ma
l’attitudine resta sempre quella di cercare di proporre musica senza
particolari schemi o modelli , cercando di fare qualcosa che possa
piacere in primis a noi come appassionati che suonano sostanzialmente
per divertimento.
Raffaele Astore: Quale è il vostro concetto di
psichedelìa? Ascoltando i vostri lavori sembra che la stessa si integri
con uno space rock che richiama alla mente gente come gli
Hawkwind.
TGS: Non abbiamo in realtà un concetto chiaro di psichedelia o di ciò che può considerarsi in quanto tale o non;
TGS è un gruppo fondamentalmente
rock,
da sempre aperto a sperimentare e a provare strade diverse. Abbiamo
sempre cercato di creare qualcosa che potesse coinvolgere sia noi che il
pubblico in una sorta di
strano slancio emotivo e
trasporto oserei dire “liquido”: una specie di lisergico ed appiccicoso
ponte gommoso sul quale gingillarsi e trastullarsi noi come
musicisti/spacciatori ed il pubblico come consumatore. I nostri dischi
ed i nostri concerti non si espongono mai a messaggi espliciti o
immagini particolarmente accattivanti (noi stessi non siamo poi così
belli da vedere) ma si manifestano essenzialmente come musica,
vibrazioni e ferino trasporto, il che lascia all’ascoltatore o al
critico una totale libertà interpretativa.
Raffaele Astore: “
Green” è l’ultimo
tassello realizzato. A differenza dei primi due però sembra che
musicalmente qualcosa sia cambiato. Si percepisce un po’ di groove nella
dilatazione temporale dei brani. E’ un segno di attenzione a nuovi
percorsi?
TGS: “
Green” costituisce un vero e proprio
tributo
di TGS a formazioni passate che hanno segnato il nostro immaginario,
oltre ad essere forse il disco di matrice più rock all’interno della
nostra discografia. Non sappiamo se possa aver segnato un cambiamento
nel processo di scrittura, anzi, ti diremmo si e no. Ci piace pensare
che
ogni nostro disco rimanga di per sé un caso isolato.
Per esempio il terzo ed ultimo capitolo di questa trilogia ispirata a
luoghi e sostanze (ovviamente testate sulla nostra pellaccia) avrà una
“ambientazione musicale” completamente differente; e così crediamo e
speriamo per tutte le prossime uscite che pubblicizzeremo. Quindi
cercheremo sempre nuovi percorsi; anche perché la “ricerca” tiene spesso
in vita progetti non più così longevi e perpetuamente con le tasche
vuote e le pezze sul culo.
Raffaele Astore: Siete un gruppo che si apre anche a collaborazioni esterne. Ad esempio come è nata quella con
Attilio Novellino e con Corpoc?
TGS: Siamo assolutamente aperti a lavorare con artisti che stimiamo e
Attilio Novellino
è sicuramente uno di questi. La collaborazione è nata e si è sviluppata
a distanza in quanto Attilio vive a Catanzaro e noi a Lodi. Gli abbiamo
quindi proposto una jam session catturata con un registratore da pochi
spicci; Attilio ha poi aggiunto a questo nostro sghembo
motorik lo-fi alcuni
drones,
samples
ed altri strumenti trattati creando un connubio atipico e stravagante
ma crediamo anche molto efficace. Siamo estremamente soddisfatti di quel
disco e speriamo di approfondire in un prossimo futuro questa felice
collaborazione con lui, perché no, lavorando ad un vero e proprio full
album. La cosa più divertente è stata conoscersi personalmente sul palco
del
Thalassa Festival a Roma. Non ci eravamo mai
presentati prima e dopo qualche parola eravamo entrambi sullo stesso
palco a suonare; è stato un approccio conoscitivo assai interessante e
da non sottovalutare.
Per quanto riguarda
CORPOC il discorso è legato
principalmente ad alcune scelte grafiche. Ogni nostro disco ha infatti
uno sviluppo grafico/artistico che spesso lasciamo per un buon 90% nelle
mani di chi decidiamo se ne interessi perché lo reputiamo ovviamente
assai più competente di noi (e non ce ne vuole molto). La trilogia vede
Stefano Gerardi ai disegni, mentre in passato abbiamo lavorato con
vivaUltra. CORPOC si è occupato della serigrafia su vinile giallo di “
Radicalisme Mècanique”
(il disco con Novellino) e della serigrafia sul cd di “Green”. Si può
dire che ha contribuito con il suo tocco magistrale e professionalmente
ineccepibile a creare un legame “magico” tra il supporto ed il disegno.
Raffaele Astore Avete registrato e mixato l’album
presso il Trai Studio, poi è stato scelto di pubblicarlo in download
digitale con solo 50 copie su cd numerate a mano in una versione dvd
case. Scelta imposta da Toten Schwan Records e Hypershape Records le
vostre etichette o lo avete imposto voi? E perché?
TGS Ogni disco è stato registrato e mixato da un fonico differente,
Riccardo Gamondi si è occupato di “Nero”,
Fabio Intraina ha lavorato a “Green” e
Luca Ciffo
ha registrato il terzo capitolo di prossima uscita. Ogni fonico ha
caratterizzato con il proprio “tocco” il suono di ogni disco come
speravamo facessero prima di registrare con loro. “Nero” ha un piglio
elettronico/ moderno ma estremamente caldo ed equilibrato, “Green” è
palesemente un disco di matrice
psych rock/
stoner
ed ha un suono molto granitico e compresso, mentre sul terzo lavoro non
vogliamo ancora svelare nulla ma possiamo assolutamente confermare che
sarà un disco molto diverso sia come proposta che come sonorità (ma chi
ci segue da un pò ha già assaporato le registrazioni del buon Luca nei
nostri precedenti “
Delay Jesu ’68” e “
The Ivy”) . Quanto al formato di uscita di “
Green”
abbiamo optato autonomamente , parlandone alle etichette, per una
tiratura estremamente limitata e “fatta in casa”. Fondamentalmente
riteniamo non abbia molto senso allo stato attuale avventurarsi in
stampe a tiratura di 500 copie, essendo evidente una flessione
nell’interesse della gente verso l’acquisto dei dischi ai concerti
(perlomeno ai nostri). Non vogliamo addentrarci in inutili ed ormai
ritrite polemiche ma va constatato che i tempi sono cambiati e sono
anche tragicamente compositi ed eterogenei; la vita socio-economica di
una band dipende anche da alcuni “rilievi” di questo tipo. Pensiamo
inoltre che una tiratura limitata, assai ben curata a livello artistico e
accompagnata dalla vendita del digitale attraverso canali ufficiali di
band ed etichetta, possa costituire un giusto compromesso tra gli
affezionati del supporto, chi preferisce avere tutto a portata di mano
senza troppo coinvolgimento economico e la band di un circuito
indipendente, con le sue ristrettissime disponibilità economiche.
Raffaele Astore Nella classica psichedelia, così come nel prog, i brani composti sono molto lunghi. Green comprende due brani
Dhaneb
di ben ventiquattro minuti e Antares di circa ventidue minuti. Di
sicuro scelta compositiva difficile per un duo. Pensate di mantenere
questa linea anche nel futuro?
TGS In tutti i nostri album abbiamo in effetti inserito brani di lunga durata e “
Green”
non fa eccezione, anzi, si può dire che abbiamo volutamente “tirato un
po’ la corda” su questo aspetto senza curarci troppo della sua
fruibilità. Avevamo in testa una certa idea di suono e volevamo che la
musica risultasse provocatoriamente intensa, viscerale e che portasse
l’ascoltatore ad estraniarsi dalla realtà e viaggiare con la mente.
Inizialmente abbiamo addirittura pensato che questo disco potesse
appagare solamente la nostra dispotica e deviata trance spirituale.
Adesso che “Green” è girato un poco attraverso vari canali e grazie
anche al supporto di
Toten Schwan e
Hypershape, possiamo dire di essere rimasti favorevolmente colpiti dai buoni responsi di pubblico e addetti ai lavori.
Quanto al resto, non sappiamo cosa ci riserverà il futuro e quale
direzione potremo intraprendere. Già il prossimo album vedrà alcuni
cambiamenti stilistici proprio perché non vogliamo cavalcare una formula
ma piuttosto cercare di evolverci in altre direzioni, mantenendo la
nostra impronta.
Raffaele Astore La vostra è una produzione di confine musicale. Come descrivereste questo confine?
TGS Diciamo che la nostra è una produzione non
propriamente collocabile in quello che può essere un “filone”. Siamo
stati infatti accostati di volta in volta allo stoner, poi al metal,
alla psichedelia “occulta”, al prog stesso… E’ difficile catalogare a
prescindere una proposta che non ha dei confini netti per scelta, seppur
si possono riscontrare in essa alcuni sostanziali elementi di ognuna di
queste fazioni e correnti. Se proprio dovessimo forzare un confine e
delineare una sorta di profilo
identitario crediamo si staglierebbe tra il rock di stampo più classico e la musica sperimentale.
Raffaele Astore Continuerete su questa linea in equilibrio tra psichedelica e sperimentazione o pensate di aprirvi anche a nuovi linguaggi?
TGS Come già accennato non sappiamo bene quale
direzione si prenderà in futuro perché non vogliamo precluderci alcuna
via nella scrittura di nuovo materiale. Quindi non escludiamo di aprirci
a nuove forme d’espressione, magari utilizzando anche strumenti diversi
o collaborando con altri musicisti.
Ci piacerebbe anche curare in prima persona le registrazioni in modo da
non essere troppo legati a rigide tempistiche e poter quindi
sperimentare in molteplici direzioni.
Raffaele Astore Quali sono i progetti immediati e quelli per il futuro?
TGS Al momento come TGS abbiamo un album finito che
concluderà questo discorso del trittico intrapreso l’anno scorso con
“Nero” e portato avanti con “Green”. Vogliamo prenderci il giusto tempo
per stamparlo, promuoverlo ed allestire un live che esalti e restituisca
l’atmosfera evocata dal disco. Abbiamo anche alcuni progetti paralleli
che vedranno la luce nell’immediato futuro; Filtro in primis e l’atto
finale della Lucifer big band.
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